Eccomi di ritorno dal Sat Expo, dove ieri si è tenuto un interessantissimo seminario dal titolo "La fotografia cinematografica e la fotografia digitale". Riporto qui alcuni appunti, che non hanno la pretesa di essere esaustivi, ma che spero possano essere buoni spunti di riflessione ed approfondimento per tutti i filmmakers.
Dopo l'introduzione di Roberto Perpignani, presidente FIDAC, la parola è passata ai cinque autori della fotografia presenti.
Massimo Intoppa, rappresentante AIC, ha illustrato la situazione attuale del cinema italiano riportando alcuni dati riferiti al 2007: 50 progetti di fiction televisiva girati in 16mm contro solo 4 girati in digitale; 18% la percentuale dei film destinati al cinema girati in digitale.
Dopo queste cifre ha preso la parola Paolo Ferrari, che da 10 anni utilizza frequentemente formati digitali in campo cinematografico, chiarendo che occorre distinguere "tra digitale leggero, una vera rivoluzione, e digitale pesante", che cerca di imitare la pellicola. La preferenza di Ferrari è decisamente per il primo: per fare un esempio, "Cover Boy", nelle sale in questi giorni, lo ha girato in HDV nel 2005 con una Sony Z1, "che ha una qualità minima su cui occorre riflettere". "Questo tipo di cinema permette di essere strambamente più liberi. Questo è il punto che a me interessa, che ci sia una ricerca. L'unico modo in Italia per cui possiamo permetterci di portare avanti la ricerca è se entriamo a piene mani nel digitale, occorre cambiare la testa, essere più agili". Serpeggia tra gli operatori del settore il dubbio: un film girato con telecamere così economiche quale sbocco potrà avere sul mercato? Ferrari insiste: "Siamo già fuori mercato, perché far finta? Quindi possiamo permetterci di cercare una strada che ci porti in una direzione inattesa. Quando c'è ricerca c'è innovazione, c'è agilità, c'è crescita". Come risolvere il dramma disributivo monopolistico in cui ci troviamo? "Bisogna incentivare la distribuzione satellitare, in Europa l'istituzione di e-cinema è già una realtà".
La palla passa a Marco Carosi: "Il digitale leggero va a vantaggio dell'immediatezza, si riesce ad essere invisibili mentre si riprende". Carosi evidenzia il rischio di utilizzare il digitale fuori luogo. Emerge qui una certa diffidenza, condivisa tra gli autori della fotografia presenti, verso gli adattatori per ottiche cinematografiche tipo PS Technik: si rischia di appesantire un mezzo, quello digitale, che ha nell'agilità uno dei principali vantaggi, cercando di trasformare una videocamera in una cinepresa 35mm.
Davide Mancori, con gli occhi che si illuminano innamorati al solo pensiero dei colori restituiti dalla pellicola, è sincero nell'ammettere che secondo lui "l'HDV va bene per i documentari, mentre se si parla di cinema l'HD non mi ha ancora soddisfatto pienamente, per un fatto di gamma e di scala di grigi".
Interrompendo la catena di autori della fotografia, Roberto Perpignani, montatore, riprende la parola raccontando le sue prime impressioni: "Quando ho visto arrivare le prime immagini girate in digitale, mi sono chiesto se con esso poteva essere chiamato in causa un criterio diverso da quelli dell'oggettività e della verosimiglianza, come nel caso dell'interpretazione pittorica. A fronte di questa possibilità artistica, però, il mio timore era che l'abbassarsi dei costi portasse ad un fare cinema in modo approssimativo".
E' il turno di Roberto Benvenuti: "Il digitale ha aperto un mondo espressivo, ha dato la possibilità di arrivare a realizzare i nostri sogni, posto che li abbiamo. Non credo però che la sperimentazione e la ricerca debbano passare per forza dal digitale leggero, la sperimentazione non è un fatto tecnico, è un fatto espressivo. Io sono un fan dell'elettronica per quanto riguarda la postproduzione, ma non per la cattura, perché il digitale ha neri chiusi e bianchi altissimi, la pellicola ha una latitudine di posa maggiore e mi garantisce di più nel mio lavoro e questo si traduce in economia: la maggiore informazione che la pellicola riesce a salvare nelle alte e basse luci consente maggiori possibilità di intervento in postproduzione".
"Io uso i limiti del mezzo come vantaggi. Il digitale è già presente, non possiamo far finta", ribatte Paolo Ferrari, "non si tratta di discutere se un quadro è più bello di una foto, il punto è che esistono due immagini: una la chiamiamo digitale, l'altra è quella su pellicola".
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