(intervista a Daniele Movarelli di guerrigliamarketing.it)
Cosa si intenda per “spirito di produzione orizzontale” lo si capisce sentendo parlare regista ed interpreti (Elio Germano, Emanuela Barilozzi, Luca Lionello): anche gli attori parlano in prima persona della fase organizzativa, “c'è un senso di proprietà da parte di tutti”, dice De Rienzo, “d'altronde un film prima è un pezzo di carta, poi è un fascio di luce, in mezzo c'è gente che si sporca, suda, fatica”. Fa piacere vedere artisti così giovani e così motivati davanti ai microfoni dei giornalisti. “Abbiamo sentito la necessità di affermare il diritto all'esistenza di un altro modo di stare al mondo e di fare arte (...) Lo spettatore deve uscire turbato, durante il film non deve pensare, deve vivere il film”, un film dedicato ai disadattati, un film che urla un'identità: alla fine di un rave party, una specie di guru dirà a Iuri (Elio Germano) “Tu sei un syntax error”, un errore che non doveva esserci nel sistema.
E sicuramente il film non lascia indifferenti, apre molte domande, grida la sua rabbia contro le divise e le autorità, mette a nudo le paure dell'essere umano. Il dubbio che sorge è: cosa resta? La sinossi “ufficiale” recita: “I due ragazzi dovranno affrontare la più difficile delle sfide, diventare uomini. Iuri affronta di petto tutte le sue paure, sconfiggendole per sempre”. E' affrontare le proprie paure il puntarsi una pistola alla tempia? Questa domanda rimane sospesa nella solitudine gridata da Stella (Emanuela Barilozzi): “Ed io?”.
Penso alle facce dei miei amici, penso a “Diario di un dolore” di C.S. Lewis che ho letto da poco e dico che no, Iuri ha torto, la verità non è “una cosa da ubriachi”.
2 commenti:
ottima recensione ;)
bello lui!
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